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Il primo tratto del muro tra Somalia e Kenya è ultimato. In realtà non si tratta di una vera e propria costruzione di mattoni e cemento, quanto piuttosto di una lunga recinzione con pali, rete metallica e rotoli di filo spinato. A realizzarla sono state le forze armate keniane su ordine del Governo di Nairobi. La decisione di erigere questa barriera è stata presa nel 2015 dopo l’attacco dei miliziani islamisti di al Shabaab contro l’università di Garissa che ha causato più di 140 morti.
I lavori erano iniziati poche settimane dopo l’attentato, ma i giovani del servizio nazionale, cui era stato appaltata l’opera, si sono rifiutati di portarla a termine accusando le autorità di non pagarli. Così l’impresa è passata in carico alle forze armate che, in poco tempo, hanno completato il primo tratto di tre chilometri. Ma il progetto è più ampio. Come ha dichiarato il generale K.T. Chepkuto durante un’ispezione sul posto, l’intenzione è di erigere una barriera di 30 km. Il tempo previsto per ultimare l’opera è di quattro mesi. Le forze armate keniane lavoreranno in stretta collaborazione con quelle somale con le quali, in futuro, collaboreranno anche nel controllare che la barriera.
In Africa esistono almeno altre sei barriere simili. La più estesa è il Mur de Sable (lungo 2.700 km) costruita dal Governo del Marocco nel Sahara Occidentale, per contenere gli attacchi del Fronte Polisario, organizzazione politica attiva per l’indipendenza del Sahara Occidentale. Sempre nel Sahara è stata eretta la barriera Algeria-Marocco, costruita dal Governo di Rabat in un ottica di anti-terrorismo. Muri e separazioni anti-migrazioni sono stati edificati anche a Gibuti, nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla e tra il Sudafrica e il Mozambico (lunghezza di 120 Km costruito nel 1975). Sempre nell’Africa australe una barriera elettrificata percorre 500 km della frontiera tra Botswana e Zimbabwe per il controllo del traffico di esseri umani e di bestiame tra i due Stati.
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